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Sulla stampa finanziaria si ricomincia a parlare di fondi che vendono volatilità. In molti momenti di mercato questo sembra il modo più facile per guadagnare denaro. Le strategie che vendono volatilità sono di diversi tipi e si fondano, in sostanza, su due principi di fondo.
Il primo è il contango strutturale che si trova sui futures sul VIX, l’indice della volatilità implicita delle opzioni at the money sull’indice S&P500. Il contango fa sì che per la maggior parte del tempo sia conveniente vendere allo scoperto futures sul VIX e che, in questo modo, si possa ottenere un rendimento piuttosto costante.
Il secondo è il time dacay delle opzioni ovvero il fatto che i premi delle opzioni includono una componente tempo che, inesorabilmente, è destinata ad assottigliarsi all’avvicinarsi della scadenza fino ad azzerarsi. Anche questo elemento fa sì che per la maggioranza del tempo sia conveniente vendere opzioni e, quindi, vendere tempo e volatilità.
ATTENZIONE!
In questo post non voglio dilungarmi eccessivamente sugli aspetti molto tecnici che riguardano contango e time decay. Vorrei invece cercare di trasmettere in modo semplice le informazioni relative ai rischi che sono connessi a queste operatività, sempre con l'obiettivo di accrescere la consapevolezza per il caso in cui a qualche lettore fosse proposto di investire in fondi di questa tipologia.
Sia chiaro, il contango e il time decay esistono e, operando con molta oculatezza e competenza tecnica, possono effettivamente costituire un importante vantaggio da cui poter trarre dei profitti. Come detto, tuttavia, occorre molta oculatezza e competenza tecnica e, soprattutto, una maniacale gestione del rischio. Non è sufficiente acquistare un etf che va short sui futures VIX per trascorrere una vecchiaia tranquilla, anzi direi che è proprio il contrario.
Perché?
Perché la volatilità è un oggetto delicato, che storicamente tende a scendere con una certa costanza o a rimanere stabile lasciando agli operatori la possibilità di trarre vantaggio dal contango ma, e questo è il problema, quando decide che non è più il momento di scendere o rimanere stabile lo fa in modo improvviso e con una magnitudo che non è sempre facile da governare.
Riporto qui di seguito il grafico del VIX index dall’inizio del 2011 (fonte vixcentral.com).
Come si può notare per la maggior parte del tempo la volatilità rimane bassa, tra il 10 ed il 20%. Questi sono i periodi in cui non è difficile trarre vantaggio dal contango dei futures su questo indice. In alcune situazioni, tuttavia, si verificano dei picchi che sono improvvisi e di entità decisamente significativa.
Osservate la ripidità delle impennate verificatesi nel 2011, nel 2015, nel 2018 e, per compiere l’opera, nel 2020. In tutti questi casi abbiamo avuto incrementi, in pochi giorni, del 150, del 250 o anche del 500% della volatilità. Cosa comporta questo per fondi o etf che lavorano vendendo futures sull’indice VIX? Basti dire che nel 2018 l’indice VIX registrò la maggiore oscillazione giornaliera mai registrata nella sua storia e questo fu sufficiente a determinare la liquidazione totale di svariati fondi.
Riporto qui di seguito il grafico dell’ETF ProShare Short VIX Short-Term Futures (ISIN US74347W6277), uno dei sopravvissuti, dall’inizio del 2012 (fonte Analysis).
Nel 2018 in pochi giorni perse il 97% del suo valore!
E di nuovo nel 2020 ha subito una perdita in pochi giorni di quasi il 62%.
Quindi attenzione, molta attenzione a questa tipologia di investimenti.
Il problema delle impennate della volatilità si riflette anche sulle strategie legate alla vendita delle opzioni per sfruttare il loro time decay perché quando la volatilità esplode anche i premi delle opzioni lo fanno e, quindi, il prezzo delle opzioni vendute aumenta in modo non lineare ma secondo una curva fortemente esponenziale. Questo problema determinò il fallimento, nel 1998, del fondo Long Term Capital Management (LTCM) che si avvaleva della collaborazione niente meno che di un premio Nobel per l’economia come Myron Scholes, famoso proprio per il modello matematico denominato Black & Schols, il più utilizzato il tutto il mondo per la determinazione dei prezzi delle opzioni. Molti altri investitori e fondi si sono rovinati utilizzando questo tipo di strategie ma il mondo della finanza tende ad essere recidivo ed a riproporre ciclicamente schemi che già in passato si sono dimostrati estremamente pericolosi e dannosi.
Ripeto, il contango ed il time decay esistono e se ne può trarre vantaggio ma per farlo occorre una gestione della leva e del rischio maniacali e con alto contenuto tecnico. Ma come, i gestori dei fondi non dispongono di queste capacità? Secondo me i problemi sono sostanzialmente due. Il primo è che ci sono alcuni aspetti del rischio che ciascuno di noi percepisce a modo suo perché la loro lettura è inevitabilmente condizionata dai bias di ciascuno. Ciò fa sì che anche professionisti particolarmente preparati tecnicamente abbiano la tendenza, in certi momenti, a sottovalutare certi rischi. Questo senza voler pensare che ci possa essere anche della malafede nel voler capitalizzare premi e bonus nei momenti in cui le cose vanno bene… Insomma, credo che tutti ci siamo domandati come grandi scienziati abbiano potuto sottovalutare il pericolo Covid. Non sono certo persone non preparate ma certi rischi sono controintuitivi e tendiamo a cascarci. Il secondo problema, non da meno, è la difficoltà a coprire certe posizioni quando la volatilità esplode e si gestiscono grandi masse di denaro, come dei fondi. I mercati non sono un pozzo senza fondo e in certi momenti vengono a mancare le controparti negoziali se si maneggiano enormi quantità di contratti derivati e, purtroppo, in certe situazioni poche ore possono fare una differenza enorme.
In un prossimo post parlerò anche dell’acquisto di volatilità, con i suoi limiti e con le opportunità che offre.
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