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["Decidere sui mercati","Consigli per la lettura","News: riflessioni","Un po' di statistica","Strumenti finanziari","Mercati e portafogli","Psicologia e finanza"]
L'atteso dato sull’inflazione negli Stati Uniti ha registrato valori inferiori alle attese. L'inflazione annuale si è attestata al 3%, con quella core al 3.3%, entrambe leggermente sotto le previsioni. Anche l'inflazione nei servizi ha mostrato segni di rallentamento, un dato che potrebbe essere cruciale per le decisioni future della FED. La diretta conseguenza è, naturalmente, un aumento delle probabilità di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve a settembre. Jerome Powell, presidente della FED, aveva indicato la necessità di ulteriori prove della continuazione del processo di disinflazione, e i dati recenti sembrano fornire tali evidenze, almeno nel breve. Nell’ultima audizione al Senato lo stesso Powell, che non aveva voluto fornire indicazioni circa la futura evoluzione dei tassi di interesse, si era però “lasciato scappare” che l’attenzione della FED si sta progressivamente spostando sull’obiettivo della piena occupazione. Tutto questo non tragga in inganno, il futuro resta inintelligibile: rimangono uffici studi di importanti gestori che continuano a prevedere che l’inflazione rimarrà più alta del target per parecchio tempo, e con lei i tassi di interesse, ipotizzando che il cd. tasso neutrale si sia alzato rispetto al passato. Solo il tempo potrà dirci la verità.
La reazione dei mercati ai dati sull'inflazione è stata complessa. Nonostante le aspettative positive, gli indici tecnologici hanno registrato un ribasso significativo nell’immediatezza del dato, mentre le small cap hanno sovraperformato, chiudendo la settimana con un incremento di oltre il 6%. Questo movimento può essere interpretato come una risposta anticipata al possibile taglio dei tassi, dato che le small cap tendono a beneficiare maggiormente da riduzioni nei costi di finanziamento. Tuttavia, questa rotazione potrebbe influire negativamente sugli indici generali, vista la rilevanza delle aziende tecnologiche nell'S&P 500. Questo è il motivo per il quale, a mio avviso, al momento non è il caso di fare scommesse settoriali sulla tecnologia, che già rappresenta il 33% dell’S&P500 senza contare Amazon, Tesla, Meta e Google, che formalmente appartengono ad altri settori ma che, evidentemente, sono legate a doppio filo con il tecnologico.
Crescono le pressioni sul Presidente Biden affinché consideri di farsi da parte. Aumentano i membri del partito democratico, insieme a figure pubbliche e finanziatori, che stanno spingendo per una sua sostituzione. Come è noto, negli ultimi interventi pubblici Biden è parso in difficoltà, commettendo gaffes significative che hanno attirato l'attenzione mediatica. E del resto sembra paradossale che ogni apparizione pubblica di un candidato alle presidenziali USA si debba trasformare in un test cognitivo. Tuttavia, convincere Biden a ritirarsi non è semplice, e qualcuno ipotizza che potrebbe essere necessario un intervento diretto o indiretto di Barack Obama per influenzare la decisione. Tra i potenziali sostituti emergono i nomi della Vicepresidente Kamala Harris e della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.
Cresce enormemente anche la tensione in quella che, attualmente, viene considerata da molti la campagna elettorale USA più polarizzata da molti decenni, come dimostra anche l’attentato subito da Donald Trump nel fine settimana.
Settimana divisa in due per i mercati azionari, che nella prima parte hanno continuato a performare ma, come sopra accennato, hanno risentito dei dati, pur postivi, sull’inflazione USA usciti giovedì. In realtà la giornata negativa è stato solo quella di giovedì e non è stata sufficiente per mandare in negativo la performance settimanale degli indici, fatta eccezione solo per il Nasdaq 100 (-0,3%), mentre l’S&P 500 ha segnato un +0,9% e il Russell 2000, indice delle società a media capitalizzazione, ha segnato addirittura un +6%, portando il rendimento da inizio anno al 6,8%.
Il VIX è invariato su valori comunque molto contenuti (12,5 punti).
Per il settore tecnologico potrebbe trattarsi della più plastica concretizzazione del detto di Wall Street “Buy the rumors, sell the news”, oppure potrebbe essere l’innesco di una correzione più rilevante dopo che tutte le buone notizie sono state scontate.
Il mercato obbligazionario ha colto con maggiore favore le notizie relative all’inflazione, scegliendo di appoggiarvisi senza dar peso al dato parzialmente contraddittorio di venerdì che ha visto in aumento i costi alla produzione. L’indice Global Aggregate segna un +0,6% e torna in positivo da inizio anno, anche se di poco (+0,3%). Ricordo che molti analisti, alla fine del 2023 sostenevano che l’obbligazionario di lungo termine sarebbe stato l’asset class del 2024, grazie all’avvio della riduzione dei tassi. Ad oggi questo non è successo, il che è solo l’ennesima conferma dell’estrema difficoltà di formulare previsioni affidabili sui mercati finanziari. Ciò non toglie, naturalmente, che la seconda parte dell’anno ci possa riservare altre sorprese, magari positive. Questa settimana sono comunque tutti in calo i rendimenti e gli spread, con conseguente apprezzamento di indici e obbligazioni.
Oro: ancora bene l’oro che in settimana guadagna lo 0,8%, sempre, forse, sull’ipotesi di una FED più conciliante. L’oro si riporta così in prossimità dei massimi del 2024.
Petrolio: più debole la settimana per il petrolio, che cede l’1,1% chiudendo a 82,2 dollari al barile.
Cambio Euro-Dollaro: ancora forte l’Euro che guadagna lo 0,6% sul dollaro e, da inizio anno, è sotto dell’1,2%.
MSCI World: +1,3% (Settimana), +15,8% (Anno)
Global Aggregate: +0,6% (Settimana), +0,3% (Anno)
Oro: 2.411 dollari, +0,8% (Settimana), +16,9% (Anno)
WTI Crude Oil: 82,2 dollari, -1,1% (Settimana), +14,7% (Anno)
Euro-Dollaro: 1,091, +0,6% (Settimana), -1,2% (Anno)
Qui di seguito l’andamento dall’inizio del servizio (1 luglio 2019) dei portafogli modello al lordo dei costi di transazione (variabili in base all’intermediario utilizzato e generalmente compresi tra 2,5 e 20 euro per ciascuna operazione), di quelli sostenuti per la consulenza e degli eventuali impatti della fiscalità ed al netto, invece, dei costi dei singoli strumenti utilizzati.
I dati si riferiscono al passato ed i risultati passati non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
I portafogli modello costituiscono la base utilizzata nell’attività di consulenza in materia di investimenti.
I singoli portafogli dei clienti possono differire dai modelli anche in modo significativo in ragione di diverse cause, valutate per ciascun cliente nell’attività di consulenza, quali contingenze fiscali, pianificazione, gestione del rischio di ingresso o in logica life cycle. All’interno del portafoglio complessivo del cliente possono anche essere presenti più portafogli in considerazione della pianificazione per obiettivi effettuata all’inizio o in corso di consulenza continuativa.
Un’altra settimana positiva per i portafogli modello, che restano ancora in prossimità dei massimi assoluti.
Restiamo ancora in attesa di possibilità di ingresso con un più favorevole rapporto rischio/rendimento sulle asset class più volatili per coloro che sono in fase di accumulo o hanno liquidità parcheggiata a breve. Sempre senza farsi prendere dalla fretta né dalla paura.
Su alcuni portafogli, dove se ne ravvisava l’opportunità, si è approfittato dell’aumento dei tassi seguito alle elezioni europee ed all’incertezza francese per aumentare gradualmente la duration obbligazionaria.
Finché l’impostazione dei mercati rimane quella attuale, i temi di fondo non cambiano e occorre continuare a fare attenzione a due tipici atteggiamenti psicologici:
un investimento nato come a medio-lungo termine con un obiettivo di crescita deve rimanere tale, con la consapevolezza che i risultati hanno bisogno di tempo per maturare e i momenti difficili sono distribuiti anche in modo randomico, potendo capitare all’inizio della propria vita da investitori oppure in una fase più avanzata;
Raccomandazioni generali
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