
Contattatemi
per un colloquio
GRATUITO
Lascia i tuoi dati e verrai ricontattato per fissare un colloquio
Lascia i tuoi dati e verrai ricontattato per fissare un colloquio
["Decidere sui mercati","Consigli per la lettura","News: riflessioni","Un po' di statistica","Strumenti finanziari","Mercati e portafogli","Psicologia e finanza"]
«Proprio come l’uomo primitivo che un giorno si grattò il naso, vide piovere, e sviluppò un modo elaborato di grattarsi il naso per ottenere la pioggia che desiderava, noi oggi colleghiamo la prosperità economica a qualche riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, o il successo di una società alla nomina di un nuovo presidente.»
N.N. Taleb
Premetto che io, come voi, ho letto e ascoltato in questi giorni ogni sorta di possibile interpretazione circa le mosse dell’amministrazione americana ed i “reali” obiettivi che si sarebbero posti i suoi componenti, in primis il presidente Trump. Purtroppo, a mio modesto avviso, nessuna di queste interpretazioni pare essere coerente con tutti i fatti noti, tranne forse quella legata all’insider trading che, onestamente, mi pare difficile non sia avvenuto (visto che, a quanto pare, anche sabato sui mercati OTC sono state acquistate ingenti quantità di opzioni call su Apple poco prima che fosse annunciata la sospensione sui dazi su alcuni strumenti tecnologici) ma forse non è lo scopo ultimo. In realtà nessuno sa né quello che passa per la testa di Donald Trump e degli altri policy maker globali, né quello che succede nelle stanze del potere e quali equilibri ci siano. Sono tutte ipotesi ed illazioni. Ed io non intendo aggiungermi a coloro che conoscono la verità. Qui di seguito mi limito a dar conto di alcune delle interpretazioni che circolano, non mi sento di sposarne nessuna in particolare. Vedremo cosa succede, non abbiamo altra scelta.
Aggiungo un’altra riflessione: forse ora ci pare che fosse ovvio che i mercati azionari avrebbero avuto una correzione brusca e, quando sarà passata questa tempesta, ci sembrerà che non potesse che finire nel modo in cui sarà finita. Non è così, non c’è nulla di ovvio prima che accada ma quasi tutto ci pare ovvio dopo che è accaduto, è normale ma dobbiamo esserne consapevoli per non cadere nel tranello.
Nell’ultima settimana, uno dei temi più dibattuti è stato il progressivo affiorare di una crisi di fiducia legata al dollaro statunitense. Tradizionalmente considerato la valuta di riserva per eccellenza, il biglietto verde sembra però attraversare un periodo di incertezza che molti osservatori definirebbero inusuale per un mercato considerato maturo. Di norma, quando i rendimenti dei titoli di Stato USA si alzano, il dollaro tende ad apprezzarsi proprio perché l’aumento dei tassi d’interesse attrae capitali internazionali. Eppure, questa volta, la vendita massiccia di Treasury non è stata accompagnata dal rafforzamento del dollaro.
Per alcuni analisti, questo fenomeno apre interessanti interrogativi su quanto gli investitori continuino a vedere gli Stati Uniti come porto sicuro. Alcuni sottolineano la possibilità che questo quadro rifletta un “rischio USA” inedito, con l’effetto di una doppia uscita da dollaro e Treasury. A livello politico, si nota anche la discussione interna all’amministrazione Trump sul ruolo del dollaro: c’è chi ritiene che la sua forza abbia spinto eccessivamente verso la deindustrializzazione, ipotizzando persino una fee per i possessori stranieri di titoli di Stato a stelle e strisce. È un’idea che fa riflettere su come, a volte, l’equilibrio fra domanda e offerta di valuta di riserva possa finire per distorcere il mercato.
Un ulteriore nodo tematico di grande impatto riguarda le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, che si sono intensificate con l’annuncio di dazi molto elevati da entrambe le parti (145% dagli USA e 125% dalla Cina). Osservando le reazioni degli investitori, potrebbe sembrare paradossale che, nonostante queste percentuali così estreme, le borse non siano crollate in maniera prolungata. Da più parti ci si chiede se ci troviamo di fronte a una strategia negoziale forte, in cui le tariffe rappresentano pedine in un complesso gioco di scambi.
Molti operatori, infatti, ipotizzano che, se mai si arrivasse a una vera e propria guerra commerciale senza spiragli di dialogo, gli impatti per i mercati sarebbero ben più duri. Eppure, la scelta degli Stati Uniti di fare parzialmente marcia indietro sulle tariffe contro diversi Paesi, lasciando fuori la Cina, appare come un modo per contenere le tensioni ma anche per dimostrare fermezza. Da un lato, dunque, si prova a tranquillizzare i mercati finanziari, dall’altro si lascia intendere a Pechino che i negoziati non saranno affatto semplici.
Al di là dei toni intransigenti, questa dinamica mostra un doppio aspetto interessante. Da un lato, osserviamo il desiderio di mantenere alta la pressione sui partner commerciali per riaggiustare i termini di scambio ritenuti sfavorevoli. Dall’altro, appare chiara la consapevolezza di dover gestire con molta cautela il mercato dei Treasury, che rimane il cuore pulsante del sistema finanziario statunitense. Se il dollaro e i titoli di Stato americani perdessero troppo appeal, il costo di finanziamento degli USA potrebbe salire eccessivamente, con conseguenze difficilmente prevedibili su scala globale. Questo fa tuttavia a pugni con l’idea, riferita sopra, di “tassare” i detentori di Treasury.
L’escalation con Pechino, in particolare, si intreccia con altre questioni, fra cui l’eventuale vendita di riserve in titoli del Tesoro da parte della Cina o l’uso di materie prime strategiche come leva. Sono scenari che, secondo alcuni osservatori, vanno ben oltre l’aumento delle tariffe doganali. Anche su questo fronte, c’è chi ritiene che i 750 miliardi di dollari circa di debito americano detenuto dalla Cina siano per quest’ultima un’arma importante e chi, invece, sostiene che 750 miliardi su 34 trilioni non siano poi così determinanti. Nel frattempo, i mercati sembrano muoversi in un clima di “scommessa negoziale”: ci si chiede se e quando le parti riusciranno a trovare uno spiraglio di convergenza, e quanto volatilmente i listini reagiranno a ogni notizia, vera o presunta.
Nel mezzo di questo contesto, segnato da frizioni e incertezze, è arrivata la notizia della promozione dell’Italia da parte di S&P, che ha alzato il rating del Paese da BBB a BBB+. Le motivazioni principali citano la riduzione del deficit, la buona capacità di export e l’alto tasso di risparmio privato. Per alcuni investitori, ciò conferma la stabilità del sistema-Italia, ma è ragionevole aspettarsi che questa valutazione positiva possa anche avere un peso politico, visto l’imminente viaggio della premier Meloni a Washington, dove è plausibile che si toccherà il tema delle tariffe.
Benché la competenza per il commercio estero risieda a livello comunitario, esiste la speranza di ottenere spazi di manovra nel dialogo bilaterale, sostenendosi su una base di rapporti più cordiali con l’amministrazione americana. D’altra parte, si percepisce in generale una fase in cui ogni Paese cerca di posizionarsi in maniera proattiva, consapevole che l’esito delle trattative commerciali e valututarie possa influenzare drasticamente i propri mercati interni. Non è affatto detto che questo sia necessariamente un vantaggio. Potrebbe anche essere uno degli obiettivi di Trump, divi et impera, peraltro coincidente con gli interessi di Putin.
MSCI World: +4,4% (settimana), -5,9% (anno)
S&P 500: +5,7% (settimana), -8,5% (anno)
Nasdaq 100: +7,4% (settimana), -10,9% (anno)
Eurostoxx 50: -1,7% (settimana), -1,6% (anno)
FTSE Mib: -1,8% (settimana), +0,0% (anno)
Nikkei: -0,6% (settimana), -15,1% (anno)
Hang Seng China: -7,2% (settimana), +7,8% (anno)
MSCI Emerging: -3,8% (settimana), -2,1% (anno)
Sul fronte azionario, i dati confermano una settimana di estrema volatilità, con dinamiche che ricordano i momenti più complessi degli ultimi decenni. S&P 500 e Nasdaq 100 hanno oscillato in un intervallo molto ampio, spinti verso il basso dall’escalation sui dazi e poi bruscamente risollevati dalla sospensione parziale di alcune tariffe. Mentre alcuni operatori leggono queste fluttuazioni come eccessi emotivi, altri sottolineano come la tensione sia tangibile e alimentata dall’andamento del mercato obbligazionario statunitense.
Anche i listini europei e asiatici hanno seguito la stessa scia, pur con livelli di volatilità più contenuti. In prospettiva, resta viva l’ipotesi che gli esiti della trattativa con la Cina possano cambiare rapidamente il quadro: se si giungesse a un accordo, potremmo assistere a nuovi rialzi, mentre una fase di stallo prolungato potrebbe innescare un’ulteriore correzione. La maggior parte degli analisti concorda sul fatto che i mercati scontino già parecchi rischi, ma la tempistica e la portata delle decisioni politiche potrebbero generare reazioni difficilmente prevedibili.
Il VIX è sceso di 7,8 punti ed ha chiuso a 37,6 dopo aver toccato anche quota 60. La curva a termine resta decisamente in backwardation e la volatilità rimane comunque molto alta.
Global Aggregate: -1,42% (settimana), +0,27% (anno)
Rendimento Treasury 10Y: 4,49% (+0,50% settimanale)
Rendimento Bund 10Y: 2,57% (-0,01% settimanale)
Rendimento BTP 10Y: 3,81% (+0,04% settimanale)
Spread BTP-Bund: 1,24% (+0,05% settimanale)
La settimana ha messo in luce un fenomeno inusuale: contemporaneamente al diffondersi del “risk-off” sull’azionario, i Treasury non sono stati visti come rifugio. Al contrario, molti investitori hanno scaricato i titoli di Stato USA, spingendone i rendimenti verso l’alto in modo piuttosto rapido. È un segnale che invita a riflettere su quanto venga percepito un aumento del “rischio credito” degli Stati Uniti o, almeno, su quanto si stia indebolendo la convinzione che il mercato obbligazionario americano sia sempre e comunque un porto sicuro.
In Europa, il Bund tedesco ha mantenuto una certa stabilità, mentre qualche nervosismo si è osservato sui BTP italiani, sebbene l’upgrade di S&P lasci intendere un miglioramento nel profilo di affidabilità del Paese. Nel complesso, l’indice globale del reddito fisso risente di una fase di diffusa incertezza: non tutti ritengono che la tendenza di vendita sui Treasury proseguirà, ma è certamente un elemento in più da tenere sotto osservazione, visti i potenziali impatti su tutte le classi di attivo.
Petrolio WTI: 61,5$, -0,8% (settimana), -14,3% (anno)
Oro: 3.238$, +6,6% (settimana), +23,4% (anno)
EUR/USD: 1,136, +3,6% (settimana), +9,7% (anno)
Nel settore delle materie prime, l’oro è diventato una sorta di “bene rifugio finale”, raggiungendo nuovi massimi e registrando un’accelerazione significativa. Alcuni investitori leggono in questo trend un bisogno di sicurezza non più soddisfatto dal dollaro. Il petrolio, al contrario, sconta i timori di rallentamento economico collegati all’incertezza commerciale: i prezzi del WTI hanno toccato i minimi dell’anno.
Per quanto riguarda le valute, il dollaro si è indebolito, e l’euro è risalito sopra quota 1,13. Secondo alcuni osservatori, questa rottura di correlazioni consuete tra forza del dollaro e rendimenti americani indica che non esiste più una certezza consolidata sul ruolo della moneta statunitense come “safe haven”. Naturalmente, non è detto che la flessione del biglietto verde sia destinata a durare, ma di certo i flussi di mercato stanno sperimentando logiche meno lineari di quelle cui eravamo abituati.
Qui di seguito l’andamento dall’inizio del servizio (1 luglio 2019) dei portafogli modello al lordo dei costi di transazione (variabili in base all’intermediario utilizzato e generalmente compresi tra 2,5 e 20 euro per ciascuna operazione), di quelli sostenuti per la consulenza e degli eventuali impatti della fiscalità ed al netto, invece, dei costi dei singoli strumenti utilizzati.
I dati si riferiscono al passato ed i risultati passati non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
I portafogli modello costituiscono la base utilizzata nell’attività di consulenza in materia di investimenti.
I singoli portafogli dei clienti possono differire dai modelli anche in modo significativo in ragione di diverse cause, valutate per ciascun cliente nell’attività di consulenza, quali contingenze fiscali, pianificazione, gestione del rischio di ingresso o in logica life cycle. All’interno del portafoglio complessivo del cliente possono anche essere presenti più portafogli in considerazione della pianificazione per obiettivi effettuata all’inizio o in corso di consulenza continuativa.
Ancora una settimana negativa per i portafogli modello che da inizio anno sono in calo. Non sono bastati il rimbalzo dell’azionario americano e la forza dell’oro a contrastare, in particolare, l’effetto della caduta del Dollaro. Il drawdown in corso ha toccato ormai circa la metà del massimo storico dei portafogli, dopo molti mesi di crescita estremamente regolare. È probabilmente un momento in cui ha senso iniziare ad accumulare posizioni, sia sull’azionario con esposizione anche al cambio, sia sull’obbligazionario europeo con un pochino di duration. Non ritengo ci sia una particolare urgenza, lo si può fare gradualmente in quanto è probabile che la volatilità rimanga alta, con anche possibili rimbalzi (come già si è visto in settimana). Certo molto è legato all’imprevedibilità di Trump e del suo staff. Gli esiti dei negoziati non saranno probabilmente consolidati in poco tempo. E comunque le dinamiche di questo momento sono tutt’altro che lineari, considerato che ogni singola dichiarazione di Donald Trump può comportare movimenti di magnitudo elevata sui mercati.
Come dicevo la settimana scorsa, un po’ per effetto dell’andamento degli indici ed un po’ per il cambio Euro su Dollaro, in questo momento si compra a prezzi e multipli decisamente più contenuti di un paio di mesi fa e, quindi, qualcosa può valere la pena di acquistare.
Da quando svolgo questa professione non ricordo un giorno in cui si potesse dire che non fosse un momento particolare in cui l’incertezza regnava nel modo più assoluto. Detto questo, è chiaro che in pochi anni abbiamo avuto una pandemia, una fiammata di inflazione ed una guerra commerciale e questa concentrazione di eventi rimane qualcosa di piuttosto raro, per fortuna direi. Facciamoci però l’abitudine, la storia ed i mercati sono così, incerti. La bussola che ci deve guidare rimane formata da pianificazione e gestione del rischio, le uniche armi che abbiamo a disposizione per difenderci dalle emozioni che rischiano costantemente di farci prendere decisioni avventate.
Dal mio punto di vista è una questione di abitudini sane. Prima di guardare il proprio portafoglio o valutare di effettuare o dismettere un investimento, è bene riportarsi alla mente i pochi concetti base che ci aiutano a recuperare consapevolezza, facendoci porre le giuste domande.
E quindi ricordo le principali emozioni a cui dobbiamo stare attenti operando sui mercati (so che sarete stanchi di leggerle o che, più probabilmente non le leggerete più ma, in realtà, sono quel tipo di considerazioni a cui bisogna ricorrere ogni tanto, quando ci si domanda cosa si stia facendo… e, quindi, repetita iuvant):
Manteniamo sempre il focus determinante sulla pianificazione individuale di ciascuno, che è l’unico aspetto sotto il nostro controllo (oltre naturalmente all’efficienza data dal contenimento dei costi), non essendo i mercati né controllabili né prevedibili, ricordando anche che:
Raccomandazioni generali
Le presenti informazioni sono state redatte con la massima perizia possibile in ragione dello stato dell’arte delle conoscenze e delle tecnologie. Il presente documento non è da considerarsi esaustivo ma ha solo scopi informativi. La pubblicazione del presente documento non costituisce attività di sollecitazione del pubblico risparmio. Le informazioni ed ogni altro parere resi nel presente documento sono riferiti alla data di redazione del medesimo e possono essere soggetti a modifiche. Flavio Rinaldi non deve essere ritenuto responsabile per eventuali danni, derivanti anche da imprecisioni e/o errori, che possano derivare all’utente e/o a terzi dall’uso dei dati contenuti nel presente documento. Flavio Rinaldi non assume responsabilità in merito al trattamento fiscale degli strumenti illustrati. I pareri espressi da Flavio Rinaldi prescindono da qualsiasi valutazione del profilo di rischio e/o di adeguatezza e sono da intendersi come “Ricerche in Materia di Investimenti” ai sensi dell’art. 27 del Regolamento congiunto Consob e Banca Italia del 29 ottobre 2007 redatte a titolo esclusivamente informativo e non costituiscono in alcun modo prestazione di un servizio di consulenza in materia di investimenti, il quale richiede obbligatoriamente un’analisi delle esigenze finanziarie e del profilo di rischio specifici del singolo utente/cliente, né costituiscono un servizio di sollecitazione in genere all’investimento in strumenti finanziari. Nel caso in cui l’utente intenda effettuare qualsiasi operazione è opportuno che non basi le sue scelte esclusivamente sulle informazioni indicate nel presente documento, ma dovrà considerare la rilevanza delle informazioni ai fini delle proprie decisioni, alla luce dei propri obiettivi di investimento, della propria esperienza, delle proprie risorse finanziarie e operative e di qualsiasi altra circostanza.
Compila il form per essere ricontattato