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["Decidere sui mercati","Consigli per la lettura","News: riflessioni","Un po' di statistica","Strumenti finanziari","Mercati e portafogli","Psicologia e finanza"]
«Proprio come l’uomo primitivo che un giorno si grattò il naso, vide piovere, e sviluppò un modo elaborato di grattarsi il naso per ottenere la pioggia che desiderava, noi oggi colleghiamo la prosperità economica a qualche riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, o il successo di una società alla nomina di un nuovo presidente.»
N.N. Taleb
Ci troviamo all'inizio di quella che è stata definita la "Liberation week", con i mercati finanziari globali immersi in un clima di notevole incertezza. Wall Street ha concluso la settimana precedente sui minimi del 2025, lasciando gli investitori in una posizione di attesa, forse persino di apprensione, per gli annunci sulle tariffe commerciali previsti dall'amministrazione Trump del 2 aprile.
Potremmo chiederci: quanto sono affidabili le dichiarazioni che finora hanno caratterizzato questa fase? Da un lato, l'iniziale apertura verso possibili eccezioni aveva alimentato un certo ottimismo, ma questa impostazione sembra essersi rapidamente dissolta. Il Wall Street Journal riporta discussioni recenti sulla possibilità di imporre una tariffa universale del 20% per tutti i Paesi, proposta che appare in contrasto con le precedenti indicazioni di tariffe reciproche personalizzate.
I mercati sembrano attualmente prezzare uno scenario in cui le tariffe medie si attesterebbero tra il 10% e il 15% - una previsione ragionevole, ma è davvero questo lo scenario più probabile? È interessante notare come all'interno dell'amministrazione sia in corso quello che alcuni definiscono uno "scontro tra falchi e colombe" sulla questione commerciale, rendendo l'esito finale tutt'altro che scontato.
La decisione già implementata di imporre tariffe del 25% sulle importazioni di auto e componenti ha mostrato le prime conseguenze sui mercati: i costruttori statunitensi con catene produttive all'estero e le società automobilistiche estere hanno subito flessioni, mentre le società di autonoleggio come Avis (con un rialzo superiore al 23%) hanno beneficiato della prospettiva che i consumatori possano preferire il noleggio all'acquisto. Anche Tesla, con produzione concentrata negli Stati Uniti, ha mostrato una reazione positiva.
Come valutare gli effetti di queste politiche sul tessuto economico americano? Il report sul mercato del lavoro in uscita venerdì 4 aprile potrebbe offrire alcuni indizi. Finalmente depurato dagli effetti dell'ondata di gelo di inizio anno, questo rapporto potrebbe fornire un'immagine più attendibile dello stato dell'occupazione.
Le attese indicano circa 140.000 nuove buste paga non agricole, ma il dato reale potrebbe discostarsi significativamente dalle previsioni. Ci troviamo infatti di fronte a due forze contrapposte: da una parte, il deterioramento del mercato del lavoro causato dall'incertezza economica e dai tagli ai dipendenti pubblici; dall'altra, un possibile effetto positivo derivante dall'accelerazione del reshoring delle attività produttive. Quale delle due tendenze si rivelerà dominante?
L'incertezza si estende anche ad altri fronti. Durante il weekend, Trump ha espresso insofferenza verso il comportamento di Putin riguardo alla situazione in Ucraina, ventilando l'ipotesi di "tariffe secondarie" sul petrolio russo - ovvero tariffe sui paesi che acquistano petrolio dalla Russia, come India e Cina. Potrebbe trattarsi di una strategia negoziale in vista della telefonata prevista tra i due leader, ma queste dichiarazioni hanno comunque contribuito ad alimentare la tensione sui mercati. Quali potrebbero essere le conseguenze a lungo termine di questo approccio alla diplomazia commerciale? Davvero difficile dirlo.
Un altro elemento che merita riflessione è l'ultima rilevazione dell'Università del Michigan sulla fiducia dei consumatori. I dati mostrano un deterioramento significativo, con il sentiment dei consumatori ai minimi degli ultimi due anni. Ancora più preoccupante, le aspettative di inflazione a 10 anni sono salite ai massimi degli ultimi 32 anni, raggiungendo il 4,10%.
Ma quanto dovremmo preoccuparci di questi dati? È curioso notare come altre rilevazioni offrano un quadro differente. Truflation, un indice dei prezzi calcolato in tempo reale su 13 milioni di data points, stima attualmente un'inflazione dell'1,75%. La discrepanza tra questi valori solleva interrogativi interessanti: potrebbe esserci una componente emotiva o politica che influenza le risposte ai sondaggi tradizionali?
Una possibile interpretazione suggerisce che la divisività politica dell'attuale amministrazione possa indurre risposte di natura politica nei sondaggi, un fenomeno generalmente inusuale in questo tipo di rilevazioni. Questo potrebbe spiegare il crescente divario tra sentiment espresso e dati economici reali. Il fattore psicologico, spesso sottovalutato, potrebbe quindi giocare un ruolo più significativo di quanto comunemente riconosciuto nell'attuale contesto economico.
Stiamo forse assistendo a un cambiamento strutturale nel ruolo del dollaro? I movimenti sui mercati valutari mostrano dinamiche insolite: il risk-off dei mercati azionari non si accompagna al tradizionale rafforzamento della valuta americana. Anzi, venerdì scorso il dollaro ha perso terreno nonostante la caduta di Wall Street.
In questo scenario di incertezza, l'oro continua a brillare, toccando quota 3.085 dollari. Il metallo prezioso beneficia non solo del clima di instabilità, ma anche della crescente tendenza di vari paesi a diversificare le proprie riserve valutarie. Inizialmente, questa strategia era principalmente adottata dagli avversari geopolitici degli Stati Uniti, ma ora la lista potrebbe ampliarsi considerevolmente. Potremmo interpretare questo fenomeno come un segnale di un cambiamento più profondo negli equilibri finanziari globali?
MSCI World: -1,4% (settimana), -1,5% (anno)
S&P 500: -1,5% (settimana), -4,8% (anno)
Nasdaq 100: -2,4% (settimana), -8,1% (anno)
Eurostoxx 50: -1,6% (settimana), +9,4% (anno)
FTSE Mib: -0,7% (settimana), +13,8% (anno)
Nikkei: -0,7% (settimana), -6,2% (anno)
Hang Seng China: -1,6% (settimana), +18,8% (anno)
MSCI Emerging: -0,9% (settimana), +4,8% (anno)
La settimana borsistica si è conclusa con una chiusura sui minimi per i principali indici di Wall Street, sollevando interrogativi sulla stabilità del mercato dopo i recenti tentativi di ripresa. L'S&P 500 ha registrato un calo settimanale dell'1,5% chiudendo a 5.581 punti, con una performance annuale negativa del 4,8%. Ancora più marcata la debolezza del Nasdaq 100, sceso del 2,4% a 19.281 punti, portando il bilancio da inizio anno a -8,1%. Il Russell 2000, rappresentativo delle small cap americane, ha ceduto l'1,6%, ampliando la perdita annuale a -9%.
Il VIX continua la sua altalena salendo di 2,4 punti e chiudendo a 21,7, riportandosi quindi sopra la soglia dei 20 punti, che comunque ha un significato solo immaginario. La curva a termine è tornata in backwardation.
Continuiamo a notare come i mercati europei e asiatici stiano seguendo traiettorie differenti. L'Eurostoxx 50, nonostante una flessione settimanale dell'1,6%, mantiene un guadagno del 9,4% dall'inizio dell'anno. Ancora più resiliente appare il FTSE Mib italiano, che ha limitato le perdite allo 0,7% settimanale preservando un progresso del 13,8% nel 2025. In Asia, l'indice Hang Seng cinese, pur cedendo l'1,6% nell'ultima settimana, vanta un rialzo annuale del 18,8%.
A livello settoriale, emerge una chiara dicotomia: la tecnologia continua a sottoperformare, con l'Information Technology che ha ceduto il 3,7% settimanale, portando il bilancio annuale a -11,6%. Anche i Communication Services (-2,8%) e i Consumer Discretionary (-0,4%) mostrano debolezza. D'altra parte, settori più difensivi come Energy (+0,9%), Utilities (+0,7%) e Consumer Staples (+1,2%) hanno mostrato maggiore resilienza.
Global Aggregate: +0,05% (settimana), +0,66% (anno)
Rendimento Treasury 10Y: 4,25% (0,00% settimanale)
Rendimento Bund 10Y: 2,73% (-0,04% settimanale)
Rendimento BTP 10Y: 3,85% (-0,03% settimanale)
Spread BTP-Bund: 1,12% (+0,01% settimanale)
I mercati obbligazionari hanno mostrato dinamiche contrastanti nell'ultima settimana, riflettendo la complessità di un ambiente caratterizzato da forze opposte che non sempre si allineano tra le diverse aree geografiche. L'intreccio tra le aspettative di politica monetaria e inflazione e l'incertezza creata dalle nuove direzioni in tema di politica commerciale sta creando un puzzle non facile da decifrare.
I rendimenti dei Treasury americani hanno evidenziato movimenti altalenanti: il decennale ha chiuso la settimana stabile al 4,25%, dopo essere prima salito (in risposta a dati macro positivi) per poi ridiscendere rapidamente venerdì in risposta alla debolezza dell'equity. Questo movimento potrebbe riflettere preoccupazioni crescenti sul fronte della crescita economica. Il rendimento a 2 anni si è attestato al 3,91%, in calo di 4 punti base.
In Europa, il Bund tedesco decennale ha chiuso in ribasso di 4 punti base al 2,73%, continuando il rientro dallo spike rialzista visto nella prima metà di marzo. Il BTP italiano a 10 anni è sceso di 3 punti base al 3,85%, mantenendo lo spread con il Bund sostanzialmente stabile a 112 punti base. Questa relativa stabilità dello spread potrebbe forse suggerire che gli investitori non prevedono, almeno per ora, un impatto significativamente differenziato delle tensioni commerciali sui diversi paesi europei.
Il tema dell'inflazione resta argomento di dibattito aperto. Da un lato, il processo di deglobalizzazione in corso potrebbe spingere i prezzi al rialzo, sia per l'effetto dei dazi che per le pressioni sulle materie prime. La Fed ha chiarito che un incremento delle tariffe commerciali potrebbe causare un aumento transitorio dell'inflazione, ma l'impatto potrebbe essere più significativo per l'Europa, meno autosufficiente sul fronte delle materie prime. Resta da valutare come potrebbero le banche centrali bilanciare queste pressioni inflazionistiche con i segnali di rallentamento economico.
Sul fronte delle aspettative sui tassi, il mercato prevede ora tre tagli entro fine anno da parte della Fed, con un primo intervento a giugno dato come molto probabile (78% di probabilità). Anche per la BCE si scontano due tagli nel 2025, con quello di aprile che appare ormai quasi certo (85,4% di probabilità). Ovviamente queste aspettative potrebbero essere influenzate dagli sviluppi sul fronte commerciale nelle prossime settimane.
Un elemento da monitorare con attenzione è l'aumento dei credit spread, in particolare sull'High Yield: negli USA l'aumento è di oltre 50 punti base dall'inizio dell'anno, mentre nella zona Euro di 20 punti base, con un'accelerazione nell'ultima settimana. Questo allargamento riflette forse una crescente avversione al rischio nei confronti del debito societario di qualità inferiore, o potrebbe essere interpretato come un segnale anticipatore di difficoltà economiche più ampie. È anche da notare che l’obbligazionario High Yield ha normalmente una maggiore correlazione con l’azionario e, quindi, potrebbe in questo momento rispecchiare anche da debolezza dell’equity.
Petrolio WTI: 69,4, +1,6% (settimana), -3,3% (anno)
Oro: 3.085, +2,1% (settimana), +17,6% (anno)
EUR/USD: 1,083, +0,1% (settimana), +4,6% (anno)
Nel settore delle materie prime, l'oro continua il suo percorso rialzista raggiungendo nuovi massimi storici oltre quota 3.085 dollari, con un progresso settimanale del 2,1% che porta il guadagno da inizio anno al 17,6%. Il metallo prezioso beneficia dell'attuale clima di incertezza geopolitica ed economica, oltre che della tendenza crescente dei Paesi a diversificare le proprie riserve fuori dal dollaro. Il trend appare solido, con obiettivi tecnici a 3.000 e poi 3.300 dollari. Ma fino a che punto può spingersi questa corsa al bene rifugio per eccellenza? E cosa ci dice questo movimento sulla fiducia degli investitori nel sistema monetario attuale?
Il petrolio ha mostrato un rimbalzo dopo un periodo di debolezza, con il WTI che ha guadagnato l'1,6% nell'ultima settimana attestandosi a 69,4 dollari al barile. Tuttavia, la performance annuale resta negativa (-3,3%), con le quotazioni che continuano a muoversi in una fascia di lateralità vicino ai minimi degli ultimi due anni. Le preoccupazioni sulla domanda globale, legate all'incertezza economica, sembrano prevalere sui tentativi dell'OPEC+ di sostenere i prezzi.
I metalli industriali hanno registrato un calo dello 0,6% settimanale, riflettendo le preoccupazioni sulla domanda globale in un contesto di potenziale rallentamento economico. Anche le materie prime agricole hanno mostrato debolezza (-1,1% settimanale).
Nel mercato valutario, dopo un periodo di rafforzamento del dollaro USA che aveva portato l'euro fino a 1,02, nelle ultime settimane la moneta unica ha recuperato terreno, portandosi a 1,083 (+0,1% settimanale, +4,6% da inizio anno). Questo movimento va contro le attese in un contesto di avversione al rischio, quando tradizionalmente il dollaro tende a rafforzarsi. Potremmo interpretare questa dinamica come un segnale della possibile perdita dello status di "safe haven" della valuta americana? E quali potrebbero essere le implicazioni a lungo termine di un cambiamento così significativo? Normalmente il movimento delle valute è legato anche all’andamento dei tassi e, in effetti, il movimento violento del dollaro sull’euro è stato concomitante con lo spike dei tassi europei a seguito dell’annuncio del piano di investimenti a debito della Germania.
Qui di seguito l’andamento dall’inizio del servizio (1 luglio 2019) dei portafogli modello al lordo dei costi di transazione (variabili in base all’intermediario utilizzato e generalmente compresi tra 2,5 e 20 euro per ciascuna operazione), di quelli sostenuti per la consulenza e degli eventuali impatti della fiscalità ed al netto, invece, dei costi dei singoli strumenti utilizzati.
I dati si riferiscono al passato ed i risultati passati non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
I portafogli modello costituiscono la base utilizzata nell’attività di consulenza in materia di investimenti.
I singoli portafogli dei clienti possono differire dai modelli anche in modo significativo in ragione di diverse cause, valutate per ciascun cliente nell’attività di consulenza, quali contingenze fiscali, pianificazione, gestione del rischio di ingresso o in logica life cycle. All’interno del portafoglio complessivo del cliente possono anche essere presenti più portafogli in considerazione della pianificazione per obiettivi effettuata all’inizio o in corso di consulenza continuativa.
Settimana lievemente negativa per i portafogli modello. Da inizio anno la situazione resta in sostanziale pareggio. Il drawdown in corso ha toccato circa 1/3 del massimo storico dei portafogli, dopo molti mesi di crescita estremamente regolare. Ciò non significa che occorra immettere tutta la liquidità sulla parte core dei portafogli ma, certamente, si può iniziare ad acquistare qualcosa, facendo magari un po’ di selezione sulle asset class che sono state fino ad ora le principali cause del drawdown: dollaro e duration obbligazionaria e, cum grano salis, azionario.
Da quando svolgo questa professione non ricordo un giorno in cui si potesse dire che non fosse un momento particolare in cui l’incertezza regnava nel modo più assoluto. Facciamoci l’abitudine, la storia ed i mercati sono così, incerti. La bussola che ci deve guidare rimane formata da pianificazione e gestione del rischio, le uniche armi che abbiamo a disposizione per difenderci dalle emozioni che rischiano costantemente di farci prendere decisioni avventate.
Perché riporto sempre queste avvertenze?
Dal mio punto di vista è una questione di abitudini sane. Prima di guardare il proprio portafoglio o valutare di effettuare o dismettere un investimento, è bene riportarsi alla mente i pochi concetti base che ci aiutano a recuperare consapevolezza, facendoci porre le giuste domande.
E quindi ricordo le principali emozioni a cui dobbiamo stare attenti operando sui mercati (so che sarete stanchi di leggerle o che, più probabilmente non le leggerete più ma, in realtà, sono quel tipo di considerazioni a cui bisogna ricorrere ogni tanto, quando ci si domanda cosa si stia facendo… e, quindi, repetita iuvant):
In occasione delle correzioni è anche necessario non lasciarsi prendere dal desiderio di uscire dal mercato o di ridurre significativamente le esposizioni per mettere fieno in cascina. Questo comporta costi fiscali ed enormi difficoltà nell’individuare poi il momento opportuno per rientrare.
Manteniamo sempre il focus determinante sulla pianificazione individuale di ciascuno, che è l’unico aspetto sotto il nostro controllo (oltre naturalmente all’efficienza data dal contenimento dei costi), non essendo i mercati né controllabili né prevedibili, ricordando anche che:
Le presenti informazioni sono state redatte con la massima perizia possibile in ragione dello stato dell’arte delle conoscenze e delle tecnologie. Il presente documento non è da considerarsi esaustivo ma ha solo scopi informativi. La pubblicazione del presente documento non costituisce attività di sollecitazione del pubblico risparmio. Le informazioni ed ogni altro parere resi nel presente documento sono riferiti alla data di redazione del medesimo e possono essere soggetti a modifiche. Flavio Rinaldi non deve essere ritenuto responsabile per eventuali danni, derivanti anche da imprecisioni e/o errori, che possano derivare all’utente e/o a terzi dall’uso dei dati contenuti nel presente documento. Flavio Rinaldi non assume responsabilità in merito al trattamento fiscale degli strumenti illustrati. I pareri espressi da Flavio Rinaldi prescindono da qualsiasi valutazione del profilo di rischio e/o di adeguatezza e sono da intendersi come “Ricerche in Materia di Investimenti” ai sensi dell’art. 27 del Regolamento congiunto Consob e Banca Italia del 29 ottobre 2007 redatte a titolo esclusivamente informativo e non costituiscono in alcun modo prestazione di un servizio di consulenza in materia di investimenti, il quale richiede obbligatoriamente un’analisi delle esigenze finanziarie e del profilo di rischio specifici del singolo utente/cliente, né costituiscono un servizio di sollecitazione in genere all’investimento in strumenti finanziari. Nel caso in cui l’utente intenda effettuare qualsiasi operazione è opportuno che non basi le sue scelte esclusivamente sulle informazioni indicate nel presente documento, ma dovrà considerare la rilevanza delle informazioni ai fini delle proprie decisioni, alla luce dei propri obiettivi di investimento, della propria esperienza, delle proprie risorse finanziarie e operative e di qualsiasi altra circostanza.
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