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["Decidere sui mercati","Consigli per la lettura","News: riflessioni","Un po' di statistica","Strumenti finanziari","Mercati e portafogli","Psicologia e finanza"]
«Proprio come l’uomo primitivo che un giorno si grattò il naso, vide piovere, e sviluppò un modo elaborato di grattarsi il naso per ottenere la pioggia che desiderava, noi oggi colleghiamo la prosperità economica a qualche riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, o il successo di una società alla nomina di un nuovo presidente.»
N.N. Taleb
La settimana è stata caratterizzata dall’annuncio, venerdì, di nuove tariffe da parte del presidente Trump che le ha definite “reciproche”, mirate a proteggere gli interessi economici statunitensi. L’incertezza sulle modalità e sui dettagli di queste misure ha generato nervosismo nei mercati, causando un ritracciamento degli indici azionari che, invece, durante la settimana avevano progressivamente recuperato il gap di lunedì. In particolare, l’attenzione si è focalizzata sul settore automobilistico, indicato come potenziale obiettivo delle nuove tariffe. Gli operatori si interrogano costantemente su quanto queste tariffe siano un’arma negoziale e quanto, invece, la nuova amministrazione intenda effettivamente imporle.
Un altro tema centrale è stato il focus della nuova amministrazione USA sulla parte lunga della curva dei rendimenti obbligazionari. Il segretario al Tesoro Bessent ha chiarito che Trump, quando sostiene che occorra ridurre il costo del denaro, si riferisce principalmente ai rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni e non alle decisioni sui tassi della Fed che, invece, impattano sui tassi a breve. La realtà pare essere più complessa, vista anche la reazione di Trump all’ultimo meeting della FED dal quale non sono scaturiti tagli. Le dichiarazioni di Bessent paiono comunque aver innescato una discesa del rendimento del Treasury decennale, giunto fino al 4,40%, interrotta poi da dati sul mercato del lavoro superiori alle attese e da un aumento delle aspettative di inflazione.
A tal proposito, il report del mercato del lavoro di venerdì ha evidenziato un minor numero di buste paga create rispetto alle aspettative (143.000 contro 170.000) ma vi è stata una revisione al rialto dei dati di novembre e dicembre, la riduzione della disoccupazione dal 4,1% al 4% ed un incremento dei salati su base annua del 4%. Nel complesso emerge quindi un mercato del lavoro che resta forte e, in particolare, l’aumento dei salari spaventa un po’ sul lato inflazione. A ciò si aggiunge che le aspettative di inflazione a un anno dell’Università del Michigan sono salite dal 3,3% al 4,3%. L’inflazione torna ad essere motivo di attenzione da parte degli operatori.
MSCI World: -0,1% (settimana), +3,5% (anno)
S&P 500: -0,2% (settimana), +2,6% (anno)
Nasdaq 100: +0,1% (settimana), +2,3% (anno)
Eurostoxx 50: +0,7% (settimana), +9,0% (anno)
FTSE Mib: +1,6% (settimana), +8,8% (anno)
Nikkei: -2,0% (settimana), -2,8% (anno)
Hang Seng China: +5,4% (settimana), +7,5% (anno)
MSCI Emerging: +1,4% (settimana), +3,2% (anno)
L’andamento dei mercati azionari ha visto una settimana all’insegna dell’incertezza, con movimenti altalenanti influenzati dalle dichiarazioni di Trump sui dazi e dalle trimestrali delle big tech. L’S&P 500, dopo un iniziale recupero, ha chiuso in leggera flessione, mentre il Nasdaq ha mostrato segnali di debolezza a causa di risultati contrastanti di aziende chiave nel settore tecnologico. Gli indici europei hanno invece mantenuto un trend positivo, con il FTSE Mib e l’Eurostoxx 50 in crescita grazie alle buone performance delle banche. Tra i mercati emergenti, la Cina ha registrato un buon rialzo, mentre gli altri indici sono rimasti perlopiù stabili.
Il VIX è salito di 0,1 punti ed ha chiuso la settimana a 16,5 punti, mantenendo comunque la curva interamente in contango.
Global Aggregate: +0,33% (settimana), +0,59% (anno)
Rendimento Treasury 10Y: 4,49% (-0,04% settimanale)
Rendimento Bund 10Y: 2,37% (-0,09% settimanale)
Rendimento BTP 10Y: 3,47% (-0,09% settimanale)
Spread BTP-Bund: 1,09% (+0,00% settimanale)
Sul fronte obbligazionario, l’attenzione si è concentrata sul rendimento del Treasury USA a 10 anni, che ha inizialmente toccato un minimo del 4,40% prima di risalire in seguito a dati sul mercato del lavoro. Anche in Europa, i rendimenti dei titoli governativi si sono leggermente ridotti, con il Bund tedesco sceso sotto il 2,40% e il BTP italiano stabilizzatosi al 3,47%.
Petrolio WTI: 71,0$, -2,1% (settimana), -1,0% (anno)
Oro: 2.798$, +2,2% (settimana), +9,0% (anno)
EUR/USD: 1,033, -0,3% (settimana), -0,3% (anno)
Le materie prime hanno ripreso a salire dopo una breve pausa, con l’oro che ha segnato nuovi record spinto dall’incertezza macroeconomica e dall’aumento della domanda di beni rifugio. Il petrolio ha continuato a mostrare debolezza, penalizzato dalle politiche dell’amministrazione USA mirate a evitare rialzi nei prezzi energetici. Sul fronte valutario, l’euro ha perso terreno rispetto al dollaro, chiudendo la settimana in calo dopo aver inizialmente tentato un recupero. Anche il Bitcoin ha mostrato una volatilità significativa, oscillando tra 92.000 e 100.000 dollari.
Qui di seguito l’andamento dall’inizio del servizio (1 luglio 2019) dei portafogli modello al lordo dei costi di transazione (variabili in base all’intermediario utilizzato e generalmente compresi tra 2,5 e 20 euro per ciascuna operazione), di quelli sostenuti per la consulenza e degli eventuali impatti della fiscalità ed al netto, invece, dei costi dei singoli strumenti utilizzati.
I dati si riferiscono al passato ed i risultati passati non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
I portafogli modello costituiscono la base utilizzata nell’attività di consulenza in materia di investimenti.
I singoli portafogli dei clienti possono differire dai modelli anche in modo significativo in ragione di diverse cause, valutate per ciascun cliente nell’attività di consulenza, quali contingenze fiscali, pianificazione, gestione del rischio di ingresso o in logica life cycle. All’interno del portafoglio complessivo del cliente possono anche essere presenti più portafogli in considerazione della pianificazione per obiettivi effettuata all’inizio o in corso di consulenza continuativa.
Di nuovo una settimana positiva per i portafogli, che segnano nuovi massimi storici, nonostante i tentennamenti dell’azionario internazionale. I portafogli sono in questo momento ben sostenuti dall’obbligazionario e dal dollaro e, soprattutto, dall’oro.
Il permanere dei portafogli in prossimità dei massimi storici, che vengono continuamente ritoccati, non deve indurre facili entusiasmi.
I rendimenti degli ultimi 15 mesi dei portafogli stessi non sono stati quelli medi storici, sono stati decisamente superiori. Basti sottolineare che il portafoglio con VAR più alto tra i quattro modello, dall’1 ottobre 2023 ha segnato una performance superiore al 25%. Questo vuol dire che scenderanno? L’analisi è in realtà un po’ più complessa. Dall’1 luglio 2019, data di avvio del servizio di consulenza personalizzata, lo stesso portafoglio ha resto il 5,55% annuo composto che, in realtà, è un po’ meno della media di un portafoglio analogo nei decenni precedenti, in larga misura a causa del calo dell’obbligazionario nel 2022. E, chiaramente, alla fine del 2022 il rendimento dall’inizio del servizio era di molto inferiore alla media storica. Quanto accaduto nell’ultimo anno e mezzo ha comportato, quindi, un parziale ritorno alla media, che costituisce forse il fenomeno statistico più robusto che esista. Non dovremo però stupirci quando si verificherà un nuovo ritorno alla media, con una correzione o, comunque, con un ritorno a rendimenti più consoni a questa esposizione al rischio.
Come scritto più volte, questo non vuol dire disinvestire se si sta ragionando in un’ottica di medio-lungo termine, anche perché questo comporta spesso un carico fiscale non trascurabile. Vuol dire casomai ribilanciare dove ne ricorrano i presupposti (nel modo anche fiscalmente più efficiente) e rimanere un po’ più cauti con la nuova liquidità in modo da avere un bacino da cui attingere quando (e avverrà certamente, prima o poi) ci saranno correzioni degne di nota.
Rimanere cauti non vuol dire tenere i soldi sul conto corrente! È praticamente sempre un buon momento per investire ma occorre farlo mantenendo un rapporto rischio-rendimento che sia il migliore che offre il momento.
Ricordo sempre le principali emozioni a cui dobbiamo stare attenti operando sui mercati (so che sarete stanchi di leggerle o che, più probabilmente non le leggerete più ma, in realtà, sono quel tipo di considerazioni a cui bisogna ricorrere ogni tanto, quando ci si domanda cosa si stia facendo… e, quindi, repetita iuvant):
In occasione delle correzioni è anche necessario non lasciarsi prendere dal desiderio di uscire dal mercato o di ridurre significativamente le esposizioni per mettere fieno in cascina. Questo comporta costi fiscali ed enormi difficoltà nell’individuare poi il momento opportuno per rientrare.
Manteniamo sempre il focus determinante sulla pianificazione individuale di ciascuno, che è l’unico aspetto sotto il nostro controllo (oltre naturalmente all’efficienza data dal contenimento dei costi), non essendo i mercati né controllabili né prevedibili, ricordando anche che:
Raccomandazioni generali
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