Tu no?
Secondo gli studiosi di psicologia cognitiva abbiamo la tendenza a fidarci eccessivamente delle nostre credenze e capacità. Ci sono ormai diversi studi ed esperimenti empirici, anche piuttosto divertenti, che lo dimostrerebbero.
Alcuni esperimenti
Ad es., in un gruppo di studenti universitari, oltre l’80%, ad apposita domanda, risponde di essere un automobilista superiore alla media, il che è ovviamente impossibile. Siamo onesti, però, non è quello che ci capita di pensare quasi quotidianamente quando qualcuno fa una manovra che non si concilia alla perfezione con ciò che vorremmo fare noi?
In un altro esperimento, sempre condotto con degli studenti universitari, questi avevano la tendenza ad immaginare sé stessi, in futuro, con un matrimonio felice ed una brillante carriera, mentre erano molto più realisti quando si trattava di immaginare il futuro dei propri compagni di corso.
Allo stesso modo pare che sopravvalutiamo, rispetto alla media, la nostra capacità di andare d’accordo con gli altri ed anche le nostre capacità atletiche.
La mia preferita: 1.000 persone costituenti 500 coppie intervistate singolarmente chiedendo quale sia in percentuale il proprio contributo per la gestione della vita familiare, in nessuna coppia la somma dei contributi è risultata inferiore al 100%!!!
Ho una cattiva notizia per noi maschietti: a quanto pare, relativamente a questa distorsione cognitiva, siamo decisamente peggio delle femmine, rassegniamoci… Se vogliamo ripulirci la coscienza, pensiamo che questo sarà il frutto dell’evoluzione. Ci sarà pur stata una ragione evolutiva che ci ha portato a svilupparla maggiormente!
E la finanza?
Perché ne parlo io, che di professione faccio il consulente finanziario indipendente?
Ebbene, gli studi ci dicono che, tra i vari campi in cui ci sopravvalutiamo, c’è anche quello di essere in grado di fare previsioni sui mercati e di controllare le nostre emozioni, facendo così meglio degli indici di riferimento. Poi si va a vedere le statistiche sui conti trading in positivo e si scopre che sono una esigua minoranza.
Gli investitori retail tendono ad essere troppo attivi, perdendo così le migliori occasioni, peggiorando la propria performance per cattivo timing, gravandosi di costi di negoziazione e, come se non bastasse, investendo troppo tempo in questa attività.
La tendenza è aggravata dall’errore del “senno di poi”, che ci induce a distorcere la nostra capacità previsionale quando guardiamo le cose retrospettivamente. Chi non sapeva che le azioni Nvidia, Apple, o altre sarebbero state un ottimo affare? Perché quelli che lo sapevano non le hanno in portafoglio?
Il bello è che questo vale anche per chi fa il mio mestiere. Steve Forbes, l’editore della rivista Forbes, ricorda il consiglio che gli diede suo nonno: “Fa guadagnare più soldi vendere consulenza che acquistarla”!
Per questo ritengo che fare il consulente finanziario debba comportare la capacità di astenersi dal fare previsioni sui mercati. Non bisogna pensare al consulente finanziario come ad un guru della finanza che farà arricchire chi si rivolge a lui. Piuttosto direi che assomiglia ad un commercialista per la famiglia (o, per certi aspetti, anche per l’azienda): aiuta a pianificare, ha una competenza tecnica che consente semmai di dosare i rischi, di colmare le lacune che ci possono essere nei portafogli, di utilizzare gli strumenti più idonei ed efficienti per conseguire gli obiettivi che ci si è dati in fase di pianificazione, casomai è più informato su elementi che possono comportare rischi aggiuntivi che non ci si vuole assumere, tiene conto dell’impatto fiscale delle operazioni che raccomanda. Non ha la sfera di cristallo e non deve indurre le persone a credere che ce l’abbia!
Se hai letto fino qui ti ringrazio per la pazienza e per l’attenzione!
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