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["Decidere sui mercati","Consigli per la lettura","News: riflessioni","Un po' di statistica","Strumenti finanziari","Mercati e portafogli","Psicologia e finanza"]
«Proprio come l’uomo primitivo che un giorno si grattò il naso, vide piovere, e sviluppò un modo elaborato di grattarsi il naso per ottenere la pioggia che desiderava, noi oggi colleghiamo la prosperità economica a qualche riduzione dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, o il successo di una società alla nomina di un nuovo presidente.»
N.N. Taleb
La scorsa settimana è sembrato emergere un segnale di cambiamento nella postura americana sui dazi e sulla politica monetaria. Trump ha infatti ammorbidito i toni, forse nel tentativo di preservare l'equilibrio di mercati ormai molto sensibili ai segnali di rischio. Alcuni osservatori suggeriscono che il forte legame tra ribassi di azioni, Treasuries e dollaro abbia fatto da campanello d’allarme. La reazione politica arriva anche nel momento in cui il sistema produttivo americano mostra segnali di sofferenza, con blocchi delle catene di approvvigionamento che richiamano alla mente i giorni più difficili della pandemia. Forse è un richiamo implicito alla necessità di ritrovare equilibrio anche nella gestione delle strategie negoziali. Aldilà delle ipotesi, quel che è successo è che Trump ha sostenuto di non avere intenzione di “licenziare” Powell e, inoltre, il segretario al tesoro Bessent ha dichiarato che l’attuale livello di dazi con la Cina non è sostenibile. Suona male il fatto che questa dichiarazione Bessent l’abbia resa in un evento a porte chiuse con operatori di mercato, a conferma della scarsa trasparenza dell’attuale amministrazione USA nella gestione dei mercati finanziari.
La settimana ha offerto alcuni spunti positivi sul fronte tecnologico statunitense, ma è difficile non cogliere le contraddizioni dietro i numeri. Tesla, ad esempio, pur registrando un calo significativo nei risultati operativi, ha visto una forte ripresa in borsa, trainata più da annunci strategici e narrativi che da dati concreti. È probabilmente piaciuto il fatto che Musk abbia ipotizzato di ridurre il suo impegno nel DOGE per tornare a fare l’imprenditore. È un fenomeno che invita a domandarci quanto il sentiment conti rispetto ai fondamentali, almeno nel breve termine. In fin dei conti ciò che muove i mercati sono le aspettative ed è proprio questo che rende praticamente impossibile prevederne l’andamento. Alphabet ha riportato risultati sorprendenti, confermando che la domanda di servizi digitali resta solida, ma resta da capire come evolverà l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle sue fonti di reddito tradizionali.
Un altro tema che si è fatto strada con forza riguarda le catene di fornitura internazionali. Le difficoltà incontrate da molte imprese statunitensi nell'approvvigionamento di componenti strategici, specie dalla Cina, richiamano dinamiche già viste durante la pandemia. A questo si aggiunge una consapevolezza pratica: i tempi medi per siglare nuovi accordi commerciali sono lunghi, spesso nell'ordine dei 18 mesi. Una variabile che difficilmente può essere ignorata da chi cerca di orientare scelte economiche e finanziarie nel breve periodo.
In parallelo, si moltiplicano le dichiarazioni ottimistiche su possibili intese con Giappone, India e Corea del Sud. Eppure, la storia recente insegna che tra un annuncio e una firma definitiva può scorrere molta acqua. Con la Cina, poi, la situazione appare ancora più delicata: oltre alle questioni economiche, entrano in gioco sensibilità culturali profonde, che difficilmente si piegano alla logica della pressione negoziale. È un altro promemoria di quanto sia importante, anche per chi investe, mantenere uno sguardo aperto e consapevole, evitando di dare per scontato ciò che è ancora molto fluido.
MSCI World: +4,2% (settimana), -1,8% (anno)
S&P 500: +4,6% (settimana), -5,7% (anno)
Nasdaq 100: +6,4% (settimana), -7,3% (anno)
Eurostoxx 50: +4,8% (settimana), +6,3% (anno)
FTSE Mib: +4,7% (settimana), +10,7% (anno)
Nikkei: +2,8% (settimana), -9,7% (anno)
Hang Seng China: +2,5% (settimana), +11,8% (anno)
MSCI Emerging: +2,7% (settimana), +2,8% (anno)
In un contesto di persistente volatilità, i mercati azionari hanno trovato nella settimana appena trascorsa un motivo per tentare un recupero. Il superamento dei 5.500 punti sull’S&P 500 suggerisce un ritorno di fiducia, almeno temporaneo, supportato da segnali più distensivi nella politica americana e da trimestrali tecnologiche generalmente positive. Tuttavia, è lecito domandarsi quanto questo slancio sia sostenibile nel medio termine, specie alla luce delle tante incertezze ancora sul tavolo. Anche Europa e mercati emergenti si sono mossi in territorio positivo, ma forse è proprio in questi rimbalzi che dobbiamo esercitare il nostro spirito critico, cercando di leggere oltre il dato immediato.
Il VIX ha proseguito la sua discesa, perdendo 4,8 punti e chiudendo a 24,8. La curva a termine resta ancora in backwardation anche se la pendenza va calando, e la volatilità rimane comunque piuttosto alta.
Global Aggregate: +0,34% (settimana), +1,28% (anno)
Rendimento Treasury 10Y: 4,24% (-0,09% settimanale)
Rendimento Bund 10Y: 2,47% (0,00% settimanale)
Rendimento BTP 10Y: 3,57% (-0,07% settimanale)
Spread BTP-Bund: 1,10% (-0,07% settimanale)
Il quadro obbligazionario si è mostrato relativamente stabile, un dato che potrebbe far pensare a una fase di equilibrio almeno momentaneo. Il rendimento del Treasury USA si è mantenuto attorno al 4,24%, mentre il Bund tedesco è rimasto fermo a 2,47%. Il restringimento degli spread di credito ha fornito sostegno anche al segmento high yield. Ma, ancora una volta, è utile ricordare che la stabilità dei tassi attuali è il risultato di forze politiche ed economiche in costante evoluzione, e non necessariamente un porto sicuro permanente. Attenzione ad aggrapparsi a questi segnali come certezze ed a farne discendere proiezioni sull’andamento dei tassi nel prossimo periodo.
Petrolio WTI: 63,0 dollari, -2,6% (settimana), -12,1% (anno)
Oro: 3.320 dollari, -0,2% (settimana), +26,5% (anno)
EUR/USD: 1,137, -0,3% (settimana), +9,8% (anno)
Il mercato delle materie prime ha offerto un quadro misto: l’oro ha raggiunto un massimo di 3.500 dollari, segnale di una ricerca di sicurezza che resta viva, anche se ha poi ritracciato leggermente. Il petrolio WTI, invece, ha continuato a muoversi in modo incerto, scendendo intorno ai 63 dollari. Sul fronte valutario, l'euro ha toccato 1,15 contro il dollaro per poi consolidare a 1,135. In tutto questo, il filo conduttore sembra essere l'incertezza: solo accettando questa instabilità possiamo muoverci con più consapevolezza nei mercati.
Qui di seguito l’andamento dall’inizio del servizio (1 luglio 2019) dei portafogli modello al lordo dei costi di transazione (variabili in base all’intermediario utilizzato e generalmente compresi tra 2,5 e 20 euro per ciascuna operazione), di quelli sostenuti per la consulenza e degli eventuali impatti della fiscalità ed al netto, invece, dei costi dei singoli strumenti utilizzati.
I dati si riferiscono al passato ed i risultati passati non costituiscono un indicatore affidabile dei risultati futuri.
I portafogli modello costituiscono la base utilizzata nell’attività di consulenza in materia di investimenti.
I singoli portafogli dei clienti possono differire dai modelli anche in modo significativo in ragione di diverse cause, valutate per ciascun cliente nell’attività di consulenza, quali contingenze fiscali, pianificazione, gestione del rischio di ingresso o in logica life cycle. All’interno del portafoglio complessivo del cliente possono anche essere presenti più portafogli in considerazione della pianificazione per obiettivi effettuata all’inizio o in corso di consulenza continuativa.
Prosegue il tentativo di rimbalzo per i portafogli modello che da inizio anno restano comunque in calo. Purtroppo in questi mesi il rally dell’oro è stato contrastato dal calo del dollaro, che ne ha ridotto significativamente l’impatto positivo sui portafogli. Il calo del dollaro ha anche impattato sulla parte azionaria e sul debito globale. Il drawdown in corso ha toccato circa i due terzi del massimo storico dei portafogli, dopo molti mesi di crescita estremamente regolare. Dove è stato possibile, abbiamo acquistato con moderazione azionario con esposizione anche al cambio e un po’ di duration obbligazionaria. È probabile che la volatilità rimanga alta, anche se ci saranno certamente rimbalzi (come già si è visto in queste settimane) e probabilmente nuove discese. Certo molto è legato all’imprevedibilità di Trump e del suo staff. Gli esiti dei negoziati non saranno probabilmente consolidati in poco tempo. E comunque le dinamiche di questo momento sono tutt’altro che lineari, considerato che ogni singola dichiarazione di Donald Trump può comportare movimenti di magnitudo elevata sui mercati. Al momento non mi pare ci siano più le condizioni per proseguire nell’incremento dell’esposizione sull’azionario, meglio attendere le evoluzioni.
Restano valide, a mio giudizio, due considerazioni relative al momento storico. La prima è che, ora più che mai, non è il caso di concentrarsi su specifiche aree geografiche, come gli USA, nella convinzione che rimarranno sempre il faro finanziario del mondo. Non sappiamo chi uscirà vincitore dalla guerra commerciale in atto e quali equilibri ne emergeranno, vale quindi la pena di aumentare la diversificazione geografica cercando forse anche pesi leggermente diversi da quelli degli indici a capitalizzazione. La seconda è che, probabilmente, i mercati scontano attualmente un certo livello di dazi ma forse non scontano ancora una recessione, che potrebbe comportare cali più importanti. Per questo non credo abbia senso inseguire il rimbalzo, meglio comprare qualcosa nelle fasi di debolezza. Se ci fosse un rimbalzo vigoroso si sarebbe forse persa un’opportunità o, meglio, la si sarebbe colta solo in parte. Ma non possiamo mai sapere quali sono i minimi ed i massimi di mercato, occorre muoversi con prudenza e gradualità.
La bussola che ci deve guidare rimane formata da pianificazione e gestione del rischio, le uniche armi che abbiamo a disposizione per difenderci dalle emozioni che rischiano costantemente di farci prendere decisioni avventate.
Perché riporto sempre queste avvertenze?
Dal mio punto di vista è una questione di abitudini sane. Prima di guardare il proprio portafoglio o valutare di effettuare o dismettere un investimento, è bene riportarsi alla mente i pochi concetti base che ci aiutano a recuperare consapevolezza, facendoci porre le giuste domande.
E quindi ricordo le principali emozioni a cui dobbiamo stare attenti operando sui mercati (so che sarete stanchi di leggerle o che, più probabilmente non le leggerete più ma, in realtà, sono quel tipo di considerazioni a cui bisogna ricorrere ogni tanto, quando ci si domanda cosa si stia facendo… e, quindi, repetita iuvant):
Manteniamo sempre il focus determinante sulla pianificazione individuale di ciascuno, che è l’unico aspetto sotto il nostro controllo (oltre naturalmente all’efficienza data dal contenimento dei costi), non essendo i mercati né controllabili né prevedibili, ricordando anche che:
Le presenti informazioni sono state redatte con la massima perizia possibile in ragione dello stato dell’arte delle conoscenze e delle tecnologie. Il presente documento non è da considerarsi esaustivo ma ha solo scopi informativi. La pubblicazione del presente documento non costituisce attività di sollecitazione del pubblico risparmio. Le informazioni ed ogni altro parere resi nel presente documento sono riferiti alla data di redazione del medesimo e possono essere soggetti a modifiche. Flavio Rinaldi non deve essere ritenuto responsabile per eventuali danni, derivanti anche da imprecisioni e/o errori, che possano derivare all’utente e/o a terzi dall’uso dei dati contenuti nel presente documento. Flavio Rinaldi non assume responsabilità in merito al trattamento fiscale degli strumenti illustrati. I pareri espressi da Flavio Rinaldi prescindono da qualsiasi valutazione del profilo di rischio e/o di adeguatezza e sono da intendersi come “Ricerche in Materia di Investimenti” ai sensi dell’art. 27 del Regolamento congiunto Consob e Banca Italia del 29 ottobre 2007 redatte a titolo esclusivamente informativo e non costituiscono in alcun modo prestazione di un servizio di consulenza in materia di investimenti, il quale richiede obbligatoriamente un’analisi delle esigenze finanziarie e del profilo di rischio specifici del singolo utente/cliente, né costituiscono un servizio di sollecitazione in genere all’investimento in strumenti finanziari. Nel caso in cui l’utente intenda effettuare qualsiasi operazione è opportuno che non basi le sue scelte esclusivamente sulle informazioni indicate nel presente documento, ma dovrà considerare la rilevanza delle informazioni ai fini delle proprie decisioni, alla luce dei propri obiettivi di investimento, della propria esperienza, delle proprie risorse finanziarie e operative e di qualsiasi altra circostanza.
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