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Mi è capitato tra le mani un articolo di Malcom Gladwell del 2003 in cui ho trovato troppe analogie con quello che succede normalmente sui mercati finanziari per non parlarne in questo blog.
L’articolo inizia parlando dell’attacco a Israele da parte della Siria e dell’Egitto nel 1973 e ponendo la domanda: perché nonostante tutte le avvisaglie dei giorni immediatamente precedenti l’attacco, l’esercito israeliano non era mobilitato e il Paese si è fatto cogliere di sorpresa? Perché i servizi segreti, benché conoscessero tutte le avvisaglie ed avessero avuto numerose segnalazioni, non erano riusciti ad “unire i punti” ed avevano invece deciso di non dare l’allarme?
Prosegue poi dando rapidamente conto di tutti i fatti e gli elementi che vengono narrati nel libro “The cell. Inside the 9/11 plot, and why the F.B.I. and C.I.A. failed to stop it” (La cellula. Dentro il complotto dell’11 settembre, e perché l’FBI e la CIA non riuscirono a fermarlo) di John Miller, Michael Stone e Chris Mitchell, che avrebbero dovuto allertare i servizi segreti consentendo loro di sventare l’attentato dell’11 settembre al World Trade Center di New York. Anche questo sembra un caso in cui i servizi segreti non sono riusciti ad unire i punti.
Ecco che, però, fa la sua comparsa nella narrazione il “determinismo strisciante”, così definito dallo psicologo Baruch Fischhoff il quale, alla vigilia della storica visita di Richard Nixon in Cina, chiese ad un gruppo di persone di stimare la probabilità di una serie di possibili risultati del viaggio e, in particolare:
che dal viaggio potessero scaturire relazioni diplomatiche permanenti tra Cina e USA
che Nixon riuscisse ad incontrare Mao Zedong
che il viaggio si rivelasse un successo diplomatico
A seguito del trionfo diplomatico di Nixon in quel viaggio, Fischhoff chiese alle stesse persone di ricordare quale fosse stata la loro previsione in proposito e scoprì che mediamente ricordavano di essere state più ottimiste di quanto, in realtà, fossero state. Il nostro cervello, quando rivede a posteriori una serie di eventi, tende a farli diventare prevedibili e tende ad allineare le nostre percezioni precedenti alla concatenazione degli eventi.
Il pezzo di Gladwell narra poi altri episodi riguardanti i servizi segreti con caratteristiche simili. Episodi nei quali i fatti considerati a ritroso appaiono come la più logica delle concatenazioni. E costantemente solleva il dubbio che ciò appaia logico solo visto a posteriori e che si tratti di casi di “determinismo strisciante”.
Del bias del determinismo strisciante sono piene le pagine dei giornali ed è uno dei cardini su cui si fonda la nostra interpretazione dei mercati finanziari, nel senso che l’atteggiamento più diffuso quando si parla di finanza è spiegare a posteriori quello che è successo e autoconvincersi che si aveva la stessa visione anche prima che gli avvenimenti si verificassero. Questo contribuisce in modo decisivo a convincerci che i mercati siano prevedibili, proprio perché visto a posteriori tutto sembra chiaro.
Perché prima non lo è?
Difficile a dirsi. Credo che l’elemento determinante sia costituito dall’impossibilità, ex ante, di distinguere il segnale dal rumore. Ciò che, invece, con il senno di poi appare molto chiaro perché partendo dall’evento finale e ripercorrendo a ritroso la catena causa/effetto, risulta agevole collegare ciascun evento alla sua causa e anche individuarne i segnali premonitori. Prima, questi segnali sono all’interno di un inestricabile groviglio di altri possibili segnali (rumore, noise) che ci potrebbero condurre a deduzioni totalmente diverse.
I mercati finanziari sono esattamente così. Sono un unico grande rumore all’interno del quale c’è qualche buon segnale e riuscire a distinguere i pochi segnali è, forse, il vero problema in merito alla prevedibilità dei mercati. Questo è il motivo per il quale la finanza sta andando sempre più verso l’analisi algoritmica, che dovrebbe essere un aiuto proprio nella ricerca del segnale. Nemmeno questa, però, è la panacea di tutti i mali perché non si può mai avere la certezza di essere riusciti ad isolare un segnale dal rumore; anche nell’era dei big-data non si può essere certi del fatto che ciò che si è trovato non sia altro che una coincidenza, cosa ben diversa dalla correlazione e ancor di più dal rapporto causa/effetto.
L’articolo di Gladwell (sempre trattando di servizi segreti), a mio avviso, ci insegna un’altra cosa che io ho imparato proprio analizzando e vivendo i mercati finanziari. Dice Gladwell: “Un sistema di intelligence perfetto non esiste: ogni apparente guadagno comporta una perdita.” C’è sempre un trade-off, c’è sempre un prezzo da pagare. Qualsiasi strategia di investimento si decida di seguire, c’è sempre una contropartita, è sempre una coperta corta sul piano della sicurezza.
Con questo, da consulente finanziario, sto trasmettendo un messaggio negativo?
Non direi proprio. Sto solo facendo presente che, quando si parla di investimenti, non è efficiente fare previsioni, perché il rumore ci nasconde i segnali. Non è utile ricostruire gli avvenimenti autoconvincendosi che si sarebbe stati in grado di prevederli a priori. È utile sicuramente fare esami a posteriori su numerosi casi simili per cercare di individuare le ricorrenze ed isolare il segnale ma con raziocinio e con la consapevolezza che non si può essere comunque certi di esserci riusciti. In questo ambiente incerto la vera arma di cui disponiamo è la gestione del rischio, la pianificazione che tenga conto dei nostri obiettivi e del nostro orizzonte temporale, la matematica semplice applicata con buon senso, senza mai spegnere il cervello.
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